Cavarzere. Immagini dal 1880 al 1960
Testi di Carlo Baldi, foto di Duilio Avezzù
Grafiche Pivieffe, Padova, 1989. Pagine 156
Testi di Carlo Baldi, foto di Duilio Avezzù
Grafiche Pivieffe, Padova, 1989. Pagine 156
Dal libro...
Il fatto nuovo e determinante accade nel 1882. L'Adige rompe presso Legnago e le sue acque si arrestano fortunatamente al di là del Tartaro. Nei giorni dell'alluvione occorre assistere gli sfollati ammalati, si apprestano perciò delle sale di cura in alcuni locali di Calle S. Maria Maddalena. È questa una novità per Cavarzere, ed è anche il primo nucleo dell'Ospedale Civile, riconosciuto come tale fin dall'anno seguente. I disastri causati dalla rotta costringono a pensare al futuro, alla necessità di prevenire possibili disgrazie. Nasce così l'idea e prende corpo il progetto di salvaguardare il centro abitato costruendo due muraglioni.
A questo punto la volontà di difendere adeguatamente il paese dalle paurose piene del fiume s'incontra con l'ambizione degli amministratori di dare a Cavarzere un volto nuovo, una fisionomia meglio definita, un assetto urbanistico per quanto possibile meno casuale, più arioso e ordinato. Tutto questo ha un costo: dovranno essere demoliti il campanile, la chiesa di San Francesco, i palazzi della Crosara ed altri edifici che ingombrano via Umberto I. Ma tutto questo ha anche un vantaggio: significherà il pane assicurato per tante famiglie, fatto assai importante in quegli anni che avevano visto le prime agitazioni bracciantili, i primi scioperi soffocati con la forza.
I lavori per la costruzione del muraglione destro dovrebbero iniziare nella primavera del 1888, però c'è un problema. Il vecchio, malconcio Municipio posto di traverso non è così vicino all'argine da poterne giustificare la demolizione, eppure costituirà sempre una stonatura. Un “provvidenziale” incendio lo toglie per fortuna di mezzo l'antivigilia di Natale del 1887. I lavori prendono il via quattro mesi dopo e per alcuni anni Cavarzere si trasforma in un animato cantiere che offre lavoro ad un gran numero di operai e braccianti (una associazione ne raccoglie ben 1.300). Si creano nuovi spazi, si costruiscono i muraglioni, il Municipio, la torre campanaria, l'ospedale e nuove case per la gente che abitava in Crosara. Pochi anni bastano per delineare in gran parte il “ritratto” del paese, come le cartoline ben documentano. Esso andrà poi lentamente completandosi con successivi interventi fino al momento della quasi totale distruzione, nell'aprile del 1945.
Le ultime pagine dell'album mostrano alcuni momenti della ricostruzione nel dopoguerra, che ha visto la parte destra del paese abbandonare la sua antica configurazione di riviera ancorata al fiume, per espandersi in profondità ed ampiezza secondo le direttrici e i moduli fissati da un piano regolatore concepito ex novo.
(“Cavarzere. Immagini dal 1880 al 1960”, pagg.13-14)
Ponte sull'Adige – 1903. (Collezione Duilio Avezzù) |
Il ponte di legno a dieci pile, costruito nel 1868, si inserisce bene tra gli elementi naturali ed urbani di questa veduta. Il ponte era un'opera di cui i cavarzerani andavano fieri. Per la prima volta da quando il paese esisteva, aveva permesso di passare da una parte all'altra senza sottostare agli umori del fiume, alle sue gelate o alle sue piene, che costringevano un tempo ad ancorare saldamente alla riva il “passo”, isolando ogni volta per qualche giorno San Giuseppe da San Mauro.
Via Umberto I – 1908. (Collezione Duilio Avezzù) |
La cartolina è singolare per l'originalità dell'inquadratura, che schiera in primo piano le molte figurine di ragazzi ed adulti. Più che una veduta, di tratta di un'animata scena, piena di voci e di richiami, del piccolo, sereno mondo paesano che ignorava la concitata confusione del nostro tempo. Qui la strada, più che servire al passaggio del carretto tirato dal pigro asinello o del carrettino spinto a mano, sembra in realtà fatta apposta per sostarci nel mezzo, a chiacchierare senza fretta guardando bene chi passa. Ma sembra soprattutto il luogo ideale per i giochi vivaci di decine di monelli scalzi, che portano in testa il cappello del papà e indossano i pantaloni smessi dal fratello maggiore. Giocano ad “alto da terra” sui paracarri; uno se ne sta appoggiato al palo del telegrafo e un altro, il più agile e spericolato, s'è arrampicato addirittura sulla colonna di ghisa del lampione a carburo. Le bambine li guardano, appoggiate alla ringhiera della scalinata.
Chiesa e piazza San Giuseppe – 1910 circa. (Collezione Duilio Avezzù) |
La chiesa di San Giuseppe fu consacrata nel 1856. Era stata costruita su disegno di Cesare De Lotto, ma la facciata, ritenuta troppo semplice, non piacque e venne modificata due volte. Prima fu aggiunto un pronao con sei colonne poggianti su una maestosa gradinata, successivamente furono aggiunti i due campaniletti. Questa piazza ottocentesca era un angolo caratteristico del paese. In essa, e nelle sue vicinanze, si svolse fino al 1945 l'affollatissima e pittoresca sagra di San Giuseppe. Tra gli edifici sul lato destro, al centro, si nota il palazzo dei signori Bubba.
Recensioni e articoli:
U. Pavanato, La Nuova Venezia, 22 dicembre 1989
U. Bello, Nuova Scintilla, 14 gennaio 1990
P. G. Tiozzo, Chioggia. Rivista di studi e ricerche, n. 4, Giugno 1990
G. Paladini, Il Gazzettino, 29 giugno 1991
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